La cura della relazione umana nella mediazione civile e commerciale

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.” (PRIMO LEVI)

Conoscere l’altro, il pensiero dell’altro, la strategia difensiva dell’altro, in qualità di parte interessata o suo procuratore, è lo strumento affinché l’alto ostacolo conflittuale che permane nei lunghi processi contemporanei dei Tribunali d’Italia, ovverosia la caparbietà e l’ostinazione a dare per vera e ferma solo la propria posizione, può cedere il posto alla volontà di riscoprire un punto di incontro, nell’ascolto e confronto con l’altro.

Se comprendere l’altro è impossibile, conoscere l’altro è sicuramente un vantaggio per rivelare un’intesa tra due opinioni discordanti e la conoscenza può essere favorita proprio mediante un colloquio tra le due identità in conflitto coordinate da un soggetto terzo ed imparziale che si impegna ad orientare i diversi pareri verso un accordo spontaneo od una proposta. Ed ecco, alla luce di ciò, la vera essenza della Mediazione : “un’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa” [Art. 1 – d.lgs. 28/2010].

È la stessa caratteristica nodale di questo istituto a renderlo, in verità, mezzo mediante il quale non solo poter risolvere tecnicamente una controversia di valore giuridico rilevante, ma, in particolar modo, anche coltivare l’incontro con l’altro, un tale soggetto con cui, al di fuori di quel momento, ogni tipo di rapporto è venuto ad estinguersi. La richiamata caratteristica, ovverosia la flessibilità, rende l’istituto della mediazione diverso dal procedimento ordinario quale esso, al contrario, rigido, schematico e neutro. Difatti, la struttura del procedimento di mediazione veste i panni del mediatore, modulandosi tenendo conto principalmente dell’interesse delle parti, seppur è ben possibile identificare un percorso comune, una strada da seguire che, come menzionato, possa trovare una modulazione a seconda delle circostanze del caso concreto e del tipo di conflitto. L’iter  mediante il quale il mediatore, in primis, conquista la fiducia delle parti ed entra in empatia con le stesse,  inizia con la preparazione del luogo dove svolgere la procedura: un ambiente che sia accogliente e funzionale, in cui le parti trovano la disponibilità di tempo ed uno spazio neutro in cui ristabilire gli elementi della loro relazione, al fine di una riorganizzazione della relazione medesima (cosiddetto setting). La summenzionata empatia è il fulcro centrale su cui si costruisce l’intera mediazione, al fine di curare la relazione, e si incardina fin dal momento introduttivo della procedura: è qui che il mediatore, cercando sempre di mantenere il contatto visivo con le parti, ponendo in essere un discorso che consenta di immettere le stesse nel rito di mediazione, presenta se stesso ed invita i presenti a dislocarsi dal concetto di rigidità processuale, comprendendo di essere collocati in una sede in cui poter escogitare una soluzione autodeterminata (e non etero determinata) della controversia che li vede impegnati.

È, in sostanza, già nella fesa introduttiva che si può ben comprendere come l’essenziale obiettivo della mediazione sia completamente lontano dalla lungaggine e rigidità del rito ordinario.

Sono gli stessi principi fondamentali della mediazione, quali l’autodeterminazione, l’imparzialità e la riservatezza, a dare allo stesso istituto un valore distinto.

La cura della relazione umana, che cammina di pari passo alla disciplina del rapporto giuridico, viene a concretizzarsi mediante un continuo controllo della procedura da parte del suo “direttore”, il quale, in ogni momento, si impegna a ricordare, a garanzia di ciò, il rispetto delle regole basilari, quali il rispetto personale ed il rispetto del tempo a disposizione di ognuno, nella consapevolezza che ognuno ha la possibilità di esporre il proprio punto di vista o di fare precisazioni ritenute opportune o necessarie.

Alla luce di ciò, è necessario dare un breve spazio all’articolazione anche delle fasi successive a quella introduttiva. Indispensabile è la prima sessione congiunta iniziale: la parte è ferma e convinta della propria difesa ed è in questo momento che può abbattere le immense mura create tra lei e l’altra, magari per il semplice rifiuto a priori dell’ascolto dell’altro. Infatti, e contrariamente a quanto accade nella quotidianità od anche negli articolati riti processuali ordinari, riveste particolare importanza, in questo momento ed in ogni fase della mediazione, l’ascolto attivo del mediatore e delle parti.

È in questo modo che la relazione umana si fa spazio nel severo e rigoroso rapporto giuridico.

Il mediatore può ascoltare le parti, rimanendo in un attento silenzio, in modalità congiunta o disgiunta; il mediatore può invitare ad un confronto intenso le parti, finalmente l’una di fronte l’altra; può parafrasare la comunicazione tra le stesse, eliminando le cariche negative e neutralizzando il linguaggio utilizzato, individuando inoltre i punti fondamentali del conflitto; può riformulare le proposte, individuando alternative, smuovendo le ferme posizioni e offrendo anche nuove soluzioni (cosiddetto “brainstorming”).

 Il mediatore fa dunque una valutazione diversa del rapporto giuridico: il rapporto quale relazione umana. Il mediatore non è solo un giurista, bensì è colui che con le sue competenze giurisprudenziali ed ampie capacità di osservazione e comprensione, nonché comunicative ed emotive, interviene nella ricostruzione di rapporti.

“La gioia nell'osservare e nel comprendere è il dono più bello della natura.”
ALBERT EINSTEIN

 

Dott.ssa Anna Catone

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Napoli Federico II.
Praticante Avvocato in materia civile e penale presso il Foro di Napoli.
Mediatore Civile e Commerciale.
Segretario della O.D.V. - Badizo Trekking.
Insegnante di discipline musicali sportive.

 

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